É successo a Pasqua
Sono passate ben tre settimane da quando é accaduto quello che sto per raccontare. Una piccola storia, o forse sarebbe giusto chiamarlo semplicemente un ricordo, episodio o frammento della mia vita, che però ancora continua a ronzare nella mia testa e farmi riflettere. A volte riappare davanti i miei occhi, all’improvviso come se fosse un sogno particolare, quel tipo di sogno che, dimenticato nel momento in cui suona la sveglia, rispunta durante la giornata nel momento più inaspettato, apparentemente con nessun tipo di collegamento alla realtà attuale, magari al supermercato scegliendo un prodotto o al semaforo aspettando la luce verde, in un momento quotidiano che esalta ancora di più la particolarità del sogno... ecco, proprio cosí ho in mente questo ricordo.
A Pasqua ho lavorato, ma non mi lamento: questo è normalissimo nel settore del turismo. La casa vacanza dove lavoro si trova vicino al Duomo, in una stradina dove non si può salire con la macchina, bisogna lasciarla prima e camminare. Devo dire che anche quando ho fretta mi piacciono questi cinque minuti che per forza devo passare camminando: tra viuzze, scorci, scale, balconi barocchi non solo si arriva al cuore della città, ma si ha la sensazione di entrare in un’altra epoca. In un’epoca in cui tutto era più lento, più naturale, più umano. Allora anche io, mentre cammino lascio la frenesia della giornata e man mano mi trasformo. Succede sempre: in via del Mercato davanti gli archi sto ancora correndo, con mille pensieri e ansie, poi devo girare e salire qualche scala davanti al Piccolo Teatro, guardo il design simbolico, la sedia sopra la porta, comincio a frenarmi un po', poi giro di nuovo verso il Duomo e mi rallento, e già i miei pensieri sono cambiati dall’ansia alla serenitá, guardo intorno, noto piccoli cambiamenti: qua hanno pitturato, lí sono lavori in corso, piante nuove in un cortile, e quando arrivo al punto da dove si vede la cupola del Duomo e si sentono gli uccelli che volano intorno che sembrano invece sempre gli stessi, da secoli, allora a quel punto mi rendo conto che non sto correndo più, non ho più fretta, sto facendo una passeggiata, che quasi sto per dimenticare che non sono un turista. No, al contrario: sono io che aspetto i turisti e devo accoglierli in miglior modo possibile, adattandomi all’ospite in concreto: c’è chi ha fretta e non vede l’ora di uscire, c’è chi invece fa mille domande prima di uscire, e c’è chi fa tutto comodamente, senza fretta e vuole proprio chiacchierare.
Era Sabato di Pasqua e aspettavo ospiti. Una famiglia dall’altra parte della Sicilia. In questo lavoro mi piace molto che non si annoia mai: un check-in non è mai uguale all’altro. O perché succede qualcosa di particolare, o perché all’improvviso bisogna risolvere un problema, o perché le persone che arrivano sono interessanti, insomma: ogni volta aspetto gli ospiti con una certa curiosità e mi domando: questa volta cosa mi porta o chi mi porta la vita?
Devo dire che questa volta già ero in uno stato particolare: esattamente un anno fa, sabato di Pasqua avevo visto vivo l’ultima volta mio padre. L’ indomani mattina, cioè domenica di Pasqua dell’anno scorso mi sono svegliata al pianto disperato di mia madre... esattamente un anno dopo, certo... dolore, pensieri, ricordi... Il ricordo di quell’ultima settimana ... la Settimana Santa più dolorosa della mia vita .... Ogni secondo, ogni gesto, ogni parola di quell’ultima settimana mi é rimasto impresso nella mente per sempre... Tuttavia, devo ammettere che il dramma è passato... Il lutto no, ma quella sensazione della tragedia, sí. Voglio dire, i sentimenti cosí dolorosi non possono rimanere con la stessa intensità. Li senti, li ricordi, anzi li devi ricordare, ma con più distacco, accarezzandoli con i pensieri. Curarli, proprio come le ferite. Sono ferite, in effetti, ferite dell’anima. La tristezza, il dolore, la delusione, la disperazione, il vuoto, sí ...quel vuoto profondo... Certo che sono ferite... Ma con le lacrime si lavano, si puliscono e con il sale delle lacrime pian piano cominciano a guarire... Con le lacrime, con questo misterioso fenomeno della razza umana, solo ed esclusivamente della razza umana, di cui l’origine non si conosce con certezza, ma secondo alcuni scienziati è una reminiscenza della nostra vita primordiale quando tutta la Terra era coperta dal mare e tutti gli animali erano a mare. Per questo le lacrime sono salate, dicono alcuni scienziati. Non so, ma mi piace questa idea: cosí ognuno di noi porta il mare dentro di sé che ci unisce e allo stesso momento significa la guarigione. Perché il pianto è curativo, liberatorio. E tutti abbiamo questa medicina, regalata da Madre Natura, dal mare.
... Ma tornando al momento della storia: mentre cammino a Ibla verso la casa vacanza, e anche dopo, mentre faccio il solito controllo delle camere mi rendo conto che non sento più quella pesantezza. Cammino e mi sento quasi leggero. Non c’è più quel dolore intenso di un anno fa. O meglio: non è cosí disperato, non è un dolore disperato, ecco. C’è tristezza, melanconia, nostalgia, c’è purtroppo ancora senso di colpa sí, forse quello rimarrà sempre, forse no, ma comunque tutto è più chiaro, più limpido, più sopportabile e in ogni caso: ho la sensazione che tutto cominci ad avere più senso. Tutta la vita, tutte le cose che faccio. Tutte le cose che non faccio. Qualcosa è cambiata sicuramente. Io, sicuramente.
Comunque, sono lí a case vacanze, sentimenti, pensieri misti, e tra una lacrima e l’altra sistemo tutta la struttura. E finalmente arrivano gli ospiti.
Coppia giovane, con bimbi, spiego a loro le cose, camera da letto, bagno, cucina, velocemente, perché vedo che sono stanchi, hanno fame, non vedono l’ora di uscire e mangiare... I bimbi no, altro che stanchezza, corrono, sono ovunque, fanno mille domande, e mentre entro nella seconda stanza e spiego come funziona il telecomando del condizionatore già uno dei bimbi arriva prima di me, più veloce della luce, e si butta direttamente nel letto, e si scoppia da una risata, senza dare ulteriori spiegazioni, ovviamente, come fanno i bimbi. Bellissimo. Non posso fare altro che ridere, mi viene spontaneo, e dimentico cosa stavo dicendo. Non ha importanza, si vede che si sentono già a casa. E questo è la cosa più importante nel nostro lavoro: gli ospiti si sentono a loro agio.
E noto subito una cosa particolare di questa famiglia. Una cosa simpatica, ma devo dire rara. I genitori non li frenano i bimbi, no. Non dicono „piano!” oppure „non correre!”, „non gridare!”, queste frasi inutili e secondo me anche sbagliatissime che però sento spesso dire dai genitori ai figli. Non ho mai visto un bambino senza il bisogno di correre, di gridare, oppure che volesse andare sempre piano e in silenzio. Io sinceramente mi spaventerei di un bambino fatto cosí.
Poi, mentre ci presentiamo, e parliamo un po' con lei, un po' con lui, percepisco un’altra cosa interessante: i genitori hanno lo stesso modo di parlare. Un modo sbrigativo, parlano tutte e due molto veloce, poi finiscono la frase in modo brusco e rimangono immobili, aspettando la mia reazione con lo stesso identico sguardo, un pò stupefatto, come se fossero loro sorpresi da quello che hanno appena detto. Le labbra rimangono aperte, lo stesso modo, con lo stesso angolo di apertura, come per dire: „ora aspetto la tua reazione, ma io già sono pronto a rispondere”. Mani sospese, tutto il corpo immobile, come se vedessi una foto. Tutte e due lo stesso modo. La differenza è solo il rossetto della donna. Allora quando vedo questo fenomeno in una coppia, devo dire che io ...io mi commuovo, ecco. Raramente succede, di solito si manifesta nelle stesse espressioni verbali, oppure stesso modo di ridere, ma cosí con gli stessi gesti, sguardo, postura ancora più raro. Trovo commovente perché immagino che sotto c’è un desiderio profondo di condividere le cose, fino in fondo. Naturalmente questo succede inconsciamente. Quindi ancora più commovente. Loro non sanno quanto sembrano uguali in quei momenti, non fanno in modo razionale, succede in modo istintivo. Forse è anche sbagliato perché vuol dire imitare qualcuno, però io vedo come una cosa tenera: uno dei due aveva cominciato ad imitare l’altro sicuramente per un profondo e istintivo desiderio di armonia, di essere ancora più vicino alla persona amata, di assomigliare, fino a sembrare uguale. Chissà, nel loro caso, chi dei due? O forse uno ha preso una cosa, l’altro un’altra. Chi potrebbe ormai dirlo? E chissà poi perché? Perché c’è questo desiderio cosí forte di essere uguale all’altra persona fino al punto di imitarla? Cosa hanno vissuto loro due?
Ma non c’è molto tempo per analizzare tutto ciò, vedo che sono stanchi e vogliono uscire, mentre i bimbi corrono, ridono, giocano intorno a noi, quindi li saluto e li lascio liberi. Rimaniamo che ci vedremo l’indomani per il pagamento, cosí poi il terzo giorno cioè quando partono sono tranquilli perché è tutto fatto.
Perfetto. L’indomani, cioè domenica di Pasqua arrivo per l’appuntamento concordato, telefono, risponde lui e mi dice che ancora sono lontano e mi chiede una mezz’oretta scusandosi per il ritardo.
E allora che fare per mezz’ora che poi sicuramente sarà di più conoscendo la difficoltà di gestire il tempo delle famiglie con bambini? I miei piedi cominciano a camminare automaticamente, mentre la mia testa è titubante. Cosa fare, cosa fare con questa mezz’oretta? Mentre che rifletto, lascio qualche palazzo, qualche cortile e alla fine mi trovo davanti al Duomo. Sento la voce degli soliti uccelli, ma stavolta sento anche la voce della campana. Proprio ora inizia una messa. E certo, sono le 18.00...Domenica di Pasqua...Queste „coincidenze”, poi... Il Duomo di San Giorgio... qua siamo stati con mio padre... Visto che il nostro cognome Sangiorgio ci tenevamo a vedere la chiesa e dire una preghiera. Mi ricordo quando siamo venuti qua la prima volta. Un bel ricordo, qualche estate fa. Eravamo sereni, anzi allegri, mi ricordo... Il destino mi porta qua esattamente un anno dopo che ci ha lasciati... Mi commuovo. Seguo la messa, e seguo anche i miei pensieri, sentimenti. Piango. I discepoli erano tristi perché Gesù era morto. E dopo erano sorpresi dalla notizia della sua risurrezione, quasi non ci potevano credere. Erano stupefatti, increduli. „E noi ci crediamo?”-chiede il prete. „Noi ci fidiamo delle parole di Gesù, ci crediamo veramente nella Vita Eterna?” Alla fine mi immergo talmente tanto nei miei ricordi, pensieri, sentimenti e nell'analisi della mia fede che quasi dimentico la famigliola alla casa vacanza. Sicuramente sono arrivati nel frattempo.
Infatti quando suono, mi aprono e subito uno dei bimbi si butta fuori, pieno di energia e comincia a correre intorno a noi, poi segue anche l’altro e giocano: spariscono poi riappaiono, ridono, gridano, sono talmente vivaci che fanno proprio un contrasto con la stanchezza visibile dei genitori. Nel frattempo il pagamento è stato effettuato, quindi li saluto e rimaniamo per l’orario dell’indomani mattina: quando intendono di partire, quando arrivo io etc.
L’indomani mattina, cioè il terzo giorno arrivo, prima di suonare cerco di capire se si sono già svegliati, ma immediatamente sento le voci dei bambini. Allora suono, aprono, lei mi dice che sono quasi pronti, già perfetta con il rossetto di color rosso, uguale a quello del primo giorno, alla fine della frase sempre con le labbra leggermente aperte, pronte per dire qualcosa, con lo sguardo sorpreso.
- -Se avete bisogno di più tempo posso tornare più tardi-dico a lei.
- -No, no siamo pronti, qualche minuto e usciamo-risponde.
- -Va bene, allora, per non disturbare, prendo una sedia e mi metto fuori. C’è un sole stupendo oggi.
Ed é vero, finalmente, dopo qualche giorno di pioggia, vento e tempesta, si vede di nuovo il sole. Mi metto nel cortile con la sedia verso il sole, ma guardo anche dentro, ogni tanto parlo con i genitori o con i bimbi. Escono, entrano, si preparano... E in quel momento, seduta, sotto il sole, tranquilla tranquilla succede una cosa allucinante: a un certo punto, mentre si preparano, vedo entrare nella camera un bambino, poi segue il suo fratello, e poi... poi entra nella camera un terzo bambino... Ma come...? Non erano due i bimbi?
Ma primo giorno ne ho visti solo due, e anche nella prenotazione mi ricordavo 4 persone... Allora mi sono sbagliata... sicuramente mi ricordavo male di quattro persone e questo mi ha fatto sbagliare nel senso che mi è sfuggito che c’era un terzo figlio. Comunque, sorrido, quanto sono distratta, ma in effetti i bambini erano talmente vivaci che sembravano di più... erano ovunque... ecco perché... erano in tre, non due...Ma poi come hanno dormito? C’erano due letti matrimoniali preparati. Va bene, il più piccolo sicuramente ha dormito con i genitori, spesso fanno cosí gli ospiti da noi. Quasi quasi mi voglio scusare che non ho notato che sono in cinque.
Poi non lo faccio, ormai non ha importanza, se non si sono lamentati loro. Solamente sorrido in me quanto sono distratta certe volte.
A un certo punto sento la frase: „dov’é la chiave della macchina?” ...Ecco, ci siamo, penso, ora sono pronti, veramente. Sono stati veloci, e anche nella preparazione molto collaborativi. Senza litigare, senza dare ordini, senza nervosismi vari come si vede in tante famiglie. Collaboravano. Sorprendente! Una famiglia che collabora!
Escono.
Esce prima un bambino, poi lei, poi un altro bambino, poi lui, poi... nessuno... cominciamo a salutarci, grazie di tutto, grazie a voi, buon viaggio etc etc, ... il terzo bambino non esce... Cominciano ad allontanarsi... Io imbarazzata, aspetto....sorrido, arrivederci, ancora aspetto, ma non esce il terzo bambino... Lascio aperta la porta.
Poi già un po più lontano, lei si gira e mi dice che nessuno dei miei ospiti aveva detto prima:
- -Se per caso abbiamo lasciato qualcosa ci faccia sapere... e sorride.
- -Cer... certo – quasi non riesco a rispondere.
Sorrido anche io...
Ma mi vengono i brividi... mi vengono i brividi!
Lascio aperta la porta per un bel po'. Non entro per sistemare le camere... Rimango sulla sedia per non so quanto tempo. Guardo la finestra della casa vacanza, guardo il sole, guardo la cupola del Duomo...e ora la porta, di nuovo il sole e la cupola...
E... tutto qua... storia finita... storia vera. Volevo raccontarla...
È successo a Pasqua.