Joyce, flamenco, foto

Fabionak

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Esiste un legame tra James Joyce, una coreografia di flamenco e la fotografia? Nella mia testa, sì!...

E come sarebbe?...

Allora, dove cominciare?... Da un pó di tempo, da quando ho ricominciato il mio blog mi faccio una domanda incredibilmente banale, ma per me importantissimo: in che consiste l’arte di scrivere? Voglio dire la scrittura se ci pensiamo un attimo ha una caratteristica particolare rispetto alle altre espressioni di arte: è il fatto che si scrive esattamente con gli stessi elementi che si utilizza nella vita quotidiana: la parola…

Cioè mentre il pittore, il musicista, il ballerino, lo scultore non utilizza la sua arte per sbrigare le cose di ogni giorno, lo scrittore quando compra il pane, quando entra in un ufficio, quando litiga con i propri figli o quando telefona per ordinare la pizza, insomma dalla mattina alla sera stranamente usa gli stessi elementi che utilizza per la sua arte, e cioè la parola. Certo, sicuramente lavora con un vocabolario più ricco. Ma il pittore non fa un quadro per dipingere cosa comprare dal fruttivendolo, la musicista non porta il pianoforte al comune per cambiare residenza e neanche il ballerino non comincia un bel balletto se la polizia di strada ferma la sua macchina per chiedere i documenti… altrimenti sarebbe nei guai… Immagino che una pirouette con un elegante pliè per salutare i carabinieri non aiuterebbe la sua situazione…

Certo, sarebbe più divertente vivere in un mondo fatto così, dove ogni artista potrebbe utilizzare il suo mezzo, il suo strumento. Io, personalmente, agli artisti permetterei di esprimersi in quel modo. Io accetterei volentieri un mondo in cui ogni musicista, ballerino, pittore, cantante potrebbe esprimersi usando il linguaggio della sua arte… Questo sarebbe sì che libertà di espressione! Mi divertirei un sacco se una mattina un cantante entrasse al bar e chiedesse un cappuccino con una bella canzone, o un ballerino mi indicasse la strada improvvisando un pezzo della danza moderna...

Ma tornando alla realtà: lo scrittore parla, usa le parole durante il giorno e poi quando, dopo una giornata di lavoro tutti vanno a letto e chiudono gli occhi per dormire, e cominciano a sognare, lo scrittore inizia a scrivere, a ricostruire le stesse parole e inventare il suo mondo e in un certo senso inizia a sognare anche lui… e li cambia tutto… ma sempre con le stesse maledette parole: aggettivi, verbi, sostantivi che pronuncia alla posta, con cui partecipa alla riunione del condominio, discute con il compagno/a, spiega il taglio desiderato al parrucchiere, insomma durante la sua giornata frenetica, in ogni situazione… sempre le stesse maledette parole…

Maledette… o magiche…

Perché è questo che succede: magia. Le parole si trasformano in arte, magicamente, sotto le mani di qualcuno che desidera cambiare questi atomi di pensieri, concetti dell’uso quotidiano in arte… È come per alzarli a un livello più alto: dal quotidiano al mondo delle idee, dei sogni, dalla terra verso il cielo. In un certo senso liberarli dalla prigione della noiosa vita quotidiana, dalla loro miserabile routine, dal primo o primitivo significato di sempre, e farli diventare più importanti, più significativi. Si, così: alzarli verso il cielo e metterli in un'altra dimensione.

Ok.

Quindi c’è questa trasformazione delle parole, attraverso – chiamiamolo così – magia, dopo di che troviamo un’altra realtà, un bel testo, chiamiamolo così: letteratura…

Ma invece la magia che cos’è??????? Da dove deriva?

Hahhhh… questo è! Questo è il nocciolo del “problema”!

Insomma, per non farla troppo lunga, perché già sta diventando questo post una masturbazione intellettuale, come dice il nostro Woody preferito nel film "Io e Annie", da quando mi sto facendo queste domande, come al solito man mano mi arrivano risposte anche, anzi: soprattutto quando non aspetto.

Un giorno cucinando e cambiando distrattamente canali in tivù parlavano di James Joyce e il suo libro-mostro Ulisse, che io ammetto non ho mai letto e secondo me nessuno l’ha letto interamente, neanche l’autore stesso… o se ha letto qualcuno voglio parlare con quella persona quindi datemi l ‘indirizzo del manicomio per trovarla... Uno scrittore parlando di questa opera ha detto che in letteratura c’è una specie di cesura tra prima di Joyce e dopo Joyce: ha cambiato la letteratura, il modo di scrivere, il modo di pensare… Joyce sentiva la necessità di osare: cercava i limiti.

Ah ecco, quindi per fare qualcosa di originale dobbiamo cercare i limiti. Altrimenti il lettore ha la sensazione di aver già letto l’opera e si annoia.

Tutto qua? Originalità, coraggio, cercare i limiti?

Poi ho fatto uno stage di flamenco e la nostra maestra meravigliosa spiegando lo stile e significato della coreografia di guajirà ha detto: questo è uno stile sensuale, ammiccante, si usa il ventaglio che serve anche per sedurre, ma poi nella stessa coreografia c’è una "parte tosta”, spiegava, con passi veloci e molto complessi. E la maestra con la sua sorprendente naturalezza ha detto: "altrimenti sarebbe tutto banale".

Ecco. Un altro segreto: mai cadere nei luoghi comuni, sempre mettere qualcosa di personale, qualcosa che esce fuori dai canoni, altrimenti tutto diventa una noiosa, ridicola banalità... La letteratura non è mettere insieme parole sdolcinate, ma devi mettere la "parte tosta". Quella tua.

E poi ho incontrato una persona che non è un fotografo professionista, ma fa fotografie come passione, come ormai facciamo tutti noi ogni giorno con cellulari, e lui mi fa capire un'altra cosa. Perché si, lui fa foto come tutti noi: mare, spiaggia, paesaggio, persone… Ma qualcosa è diverso: c’è sempre qualcosa che mi colpisce: la composizione, le luci, i colori, il taglio, c’è sempre qualcosa di originale sulle sue foto… lui ha uno sguardo diverso… Non so come fa, ma ogni foto mi colpisce… è stato lui, camminando con la macchina nel paesaggio meraviglioso di Sicilia, cercando posti suggestivi per mettere foto sul mio blog, a suggerire di fare foto in un prato, pieno di fiori e mettermi nel mezzo in modo che si vedeva solo la mia testa… quando ho visto le foto scattate, ero scioccata: Sembravo di stare sotto una coperta di fiori, esattamente come le figure nei quadri di Klimt! Questo è lo sguardo di un vero fotografo: dove ho visto un semplice prato con fiori lui vede l'opera d'arte… la possibilità di trasformare la realtà in arte…

E li ho capito un’altra cosa: l’ispirazione può nascere di qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, ma devi tenerti pronta a coglierla… devi aprire gli occhi, le orecchie, il naso, la mente, il cuore. Non basta il coraggio e cercare i limiti, non basta l’originalità ed evitare i luoghi comuni, ma prima di tutto, bisogna ascoltare le intuizioni, il cuore… Senza quello non c’è ne coraggio, ne originalità, e non posso neanche iniziare a scrivere!

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