L'angolo

 

-Lo devi fare... Guarda che non abbiamo scelta... Lo devi fare e basta...per noi...Lo devi fare per Constantin... mi stai ascoltando?!!! sto parlando con te!...

Quando sente il nome di suo figlio finalmente alza lo sguardo. Fin'ora sembrava di stare in apatia. Anzi, sembrava morta. In realtà, una parte di lei è veramente morta. Non si ricorda ormai quando si sentiva viva l'ultima volta. Cerca di non ricordare. Lei a un certo punto ha scelto questa strada. Per sopravvivere l'orrore una parte di lei si è suicidata. Non tutte le donne hanno reagito così.

Ogni donna che ha conosciuto qua nei campi di Sicilia ha scelto un modo diverso per sopravvivere. In sostanza le strategie si dividono in due gruppi. Il gruppo di "speranza" e il gruppo di "distanza". Al gruppo di speranza appartengono le donne che cercano di convincersi di poter scappare da questo incubo e di poter raggiungere se non la felicità, ma almeno la libertà. Sono quelle che pregano prima di addormentarsi e, all'alba, quando vengono svegliate la prima frase che pronunciano: "Dio, aiutami". Sono quelle che cantano durante il lavoro per sopportare la monotonia e superare la stanchezza. Sono quelle che fanno tutto e di più per mettere da parte un po' di soldi. Ogni singolo centesimo che possano risparmiare nascondono nel materasso o nelle scarpe. Quelle speranzose sono quelle che cercano amicizia con le altre donne, cercano compagnia.

Le donne del "gruppo di distanza", chiamiamoli così, invece hanno scelto un altro modo per sopravvivere. Non sperare. La speranza significa una frustrazione continua. Chi spera ha delle aspettative. Chi spera si illude ogni giorno ma alla fine della giornata deve affrontare la crudele realtà: l'illusione porta delusione. Queste donne non pregano, non cantano, non nascondono soldi. Tutto quello che guadagnano mandano immediatamente a casa aiutando in questo modo la loro famiglia. Che era l'unico obiettivo quando sono partite per la Sicilia. Prima di partire dalla Romania si girava la voce che in Sicilia si lavorasse nei campi, nell'agricoltura e in questo modo avrebbero potuto mantenere se stesse ed i loro familiari che sono rimasti in Romania. Solo che non pensavano che il prezzo fosse così alto: né più ne meno che la propria libertà, la dignità, la vita. Le "donne di distanza" non si illudono, per conseguenza non si deludono. Si alzano e vanno a lavorare con uno sguardo indifferente. Fanno tutto in modo meccanico.

Chissà chi soffre di più? Quelle che si svegliano con la speranza ogni giorno e vanno a letto deluse oppure quelle che decidono di non sperare e si privano di ogni sentimento che potrebbe ricordare la speranza?

Elena all'inizio era piena di speranza, è venuta con suo marito dalla Romania appunto in ricerca di una vita migliore, soprattutto per poter mantenere suo figlio Constantin che è rimasto a casa loro con la nonna... Ma dopo qualche mese da una donna speranzosa Elena è diventata una specie di robot. Non da un giorno all'altro. Ha perso la speranza gradualmente. I primi giorni anche lei cantava, cercava contatto con le altre donne, parlava con suo marito, e pregava di mattina e anche prima di addormentarsi, con gli occhi già chiusi dalla stanchezza. Poi man mano ha perso tutti i sentimenti, e in fine anche la speranza. Non pregava più, non parlava con nessuno, evitava i contatti, invece dopo lavoro aveva un atteggiamento piuttosto particolare: fissava sempre un punto.

 Anche in quel momento, mentre suo marito stava parlando a lei, stava fissando un punto. Non capiva neanche lei perché guardava proprio lì, sopra il suo materasso, in questo angolo della stanza. Guardava sempre quel punto, dove si incontrano le pareti ed il soffitto. Che strano lo sguardo dell'essere umano, rifletteva spesso: vede solo le tre linee e nessuno vede il punto dove si incontrano. Nessuno nota l'angolo, il punto di incontro è insignificante, invisibile.

Elena, inconsapevolmente, si è immedesimata con quel minuscolo particolare di questo mondo. A suo marito dava fastidio questa sua ossessione...Suo marito... suo...cosa? ...Questo sarebbe suo marito? Questo vigliacco che ora sta cercando di convincerla di andare a letto con il padrone?

Lei, che si sente morta e una parte di lei è veramente morta continua a fissare il punto dove si incontrano le tre linee, mentre suo marito, sempre più infastidito, comincia ad alzare la voce.

-Lo devi fare... Guarda che non abbiamo scelta... Lo devi fare e basta...per noi...Lo devi fare per Constantin... mi stai ascoltando?!!! sto parlando con te!... non possiamo andare via, capisci questo? non abbiamo i documenti, e non ci danno lavoro fuori questo posto...  Pensa a Constantin!

Quando sente il nome di suo figlio finalmente alza lo sguardo, completamente indifferente. Si muove lentamente come uno zombie. Infatti, una parte di lei è morta. E lentamente, senza dire una parola, sotto lo sguardo delle altre donne che sanno esattamente come si sente lei in questo momento, esce dalla stanza...

Quando torna suo marito è ancora sveglio. Lui fa finta di dormire, ma lei lo conosce da vent'anni e lo sa che non sta dormendo, lo sente dal respiro, dai movimenti, lo capisce proprio dal silenzio totale che lo circonda. Lui si vergogna, sicuramente, ma a lei non interessa niente. Non pensa neanche a propri sentimenti, figuriamoci a quelli degli altri. I sentimenti rendono umani e lei ormai è uno zombie. Sì, una parte di lei è morta.

Da quella notte in poi non parlano più con suo marito. E lui non guarda più nei suoi occhi, evita il suo sguardo. Lei continua a fissare quel punto, e ormai lui non grida neanche. Però è nervoso, sempre più nervoso. Dopo quella notte ci sono altre notti che Elena deve passare con il "datore di lavoro" cioè il padrone, e lei come un robot fa tutto quello che le dicono. Meccanicamente. Sente e percepisce tutto ma non reagisce. Sente gli ordini, sente le grida del padrone, violento e senza scrupoli, sente il nervosismo di suo marito, debole e vigliacco che l'ha venduta al padrone. E pensa a suo figlio, Constantin, piccolo e innocente, l'unico che conta ormai, l'unico che tiene in vita la parte di lei che è rimasta ancora viva.

Nel suo mondo esistono solo queste tre persone, sono le tre persone che influenzano la sua vita e tutte e tre in qualche modo la sfruttano. La crudeltà, la debolezza e l'innocenza, mentre lei, Elena non conta niente. Sono i tre mondi diversi che incontrano in un punto. É lei quel punto insignificante. E lei quell'angolo invisibile del mondo.

Sente anche le voci delle altre donne, quelle speranzose, spesso piangono, qualche volta sorridono, parlano, raccontano la loro vita precedente, parlano della vita futura che immaginano dopo questo "lavoro" se si può chiamare così la schiavitù totale delle persone. A volte parlano anche del presente: arriva la notizia dell'eruzione dell'Etna. Alcune si spaventano, si scambiano le informazioni, si confondono le idee, non sanno niente di vulcani, di terremoti. Elena si ricorda vagamente che a scuola ha studiato qualcosa dell'Etna. Che è un vulcano attivo, che fa eruzioni, e a volte ci sono anche terremoti in Sicilia.

Lei non si spaventa, ma non perché conosce bene la natura dei vulcani e dei sismi, ma perché non ha paura di niente ormai. Però quella notte fa un sogno. Era da tanto tempo che non faceva sogni, è riuscita talmente bene a seppellire i propri sentimenti che ormai non sognava neanche di suo figlio. O forse sognava, ma di mattina non si ricordava più. Quella notte invece ha fatto un sogno. Sicuramente influenzata dalle chiacchiere dell'Etna e delle scosse sognava della stanza che ha cominciato a tremare. Vedeva le ragazze che gridando scappavano ma lei non riusciva, era immobile, tremavano i muri, lei voleva scappare, anche suo marito era fuori ormai, l'ha lasciata nella stanza per salvarsi la vita, senza pensare a lei. Proprio come nella vita.

Lei sola, rimasta dentro, fissando l'angolo. Quel punto insignificante del mondo che nessuno guarda, che è il punto d'incontro di tre linee. La terra trema, lei dovrebbe scappare ma non riesce perché ancora sta guardando l'angolo. E intrappolata, è bloccata, non riesce a muoversi.

Di mattina si sveglia e ricomincia la giornata, dall'alba alla sera, lavorare senza tregua. Le altre pregano, cantano, piangono e parlano. Del vulcano, delle eruzioni, del terremoto, così Elena non si sorprende che anche quella notte ha lo stesso incubo.       

E poi un'altra notte, poi un'altra ancora. Sempre la stessa scena, tutti scappano ma lei non si muove perché è ossessionata a guardare l'angolo. Poi rumore, tremano i muri, vede l'angolo che trema. Poi si sveglia. Si sveglia sempre lì.

Un giorno una delle donne rimane incinta, una delle ragazze violentate dal padrone. Elena, come sempre, non parla con nessuno ma sente tutto quello che la circonda. Tutti lo sanno cosa succede con le donne incinte. Prima le costringono a dare il loro corpo al padrone, poi le costringono ad abortire. Fin'ora questo era il destino delle donne. Ovviamente i neonati non servono qua ai campi, e una donna incinta lavora meno, quindi tutte erano costrette ad abortire, senza fare neanche una domanda. Questa ragazza giovane però cerca di nascondere fino all'ultimo il suo stato perché evidentemente ha l'intenzione di tenere il suo figlio... Le altre donne conoscono il suo segreto, nessuno parla, cercano di aiutarla. Ma fino a quando può andare così? Nessuno lo sa. Tutte hanno paura. La giovane donna sta pensando di scappare di nascosto. Giustamente le altre dicono che non arriverà lontano senza documenti. Il padrone ha in mano il suo passaporto. Così, senza documenti può provare solo la prostituzione. Oppure potrebbe andare alla polizia dire che ha perso il passaporto e lì aiuteranno a tornare in Romania. Da dove è scappata dalla disoccupazione e dalla povertà assoluta. Lei, confusa, non sa come salvare suo figlio, comincia comunque ad organizzare la fuga. Fra due, al massimo tre giorni. Perché la pancia cresce e comincia ad essere sempre più evidente che lei ormai non è solo una persona, ma nasconde un altro essere vivente dentro di lei.

Elena continua la sua vita monotona. Di giorno lavora e pensa a suo figlio, di notte sogna, sempre la stessa cosa e sempre si sveglia allo stesso punto quando lei rimane sola e tutto trema ma lei non riesce a scappare perché sta fissando l'angolo. E intrappolata in questa ossessione che la blocca.

Un giorno Elena si sveglia al rumore delle grida del padrone. La ragazza incinta ha vomitato e quindi il padrone ha capito tutto. E arrabbiato perché secondo lui la ragazza doveva dire subito che aspettava un bambino. La povera donna cerca di scusarsi, di salvare se stessa e il suo bambino, prega, urla, sta implorando, fa tutto e di più. Però arrivano tre uomini e la portano via. Le donne quel giorno lavorano in silenzio totale. Non cantano, non parlano, neanche si guardano. Alcune hanno sensi di colpa perché non hanno incoraggiato la povera ragazza a scappare via prima. Poteva già scappare il giorno prima e salvare la vita di suo figlio.

Elena quella notte sogna di nuovo il terremoto. Però questa volta finisce diversamente il suo sogno. L'inizio è lo stesso: la terra comincia a tremare, tutti scappano dalla stanza, suo marito tra i primi, senza guardare dietro, senza cercare di aiutarla, e lei, immobile, vede tremare le finestre, i muri, il soffitto, e guarda quel maledetto punto, l'angolo dove si incontrano le tre linee, vuole scappare ma non riesce... poi sente la voce della giovane ragazza incinta, che sta parlando della sua fuga desiderata ma non avvenuta, parla di suo figlio mai nato, e a quel punto si scoppia l'angolo, crolla un pezzo del soffitto, si crea un buco dove c'era prima l'angolo, ed Elena vede il cielo fuori.

Il cielo fuori dietro quell'angolo. Il cielo azzurro. Il mondo fuori. Il mondo vero. Il mondo. Raggi di sole. Luce. Libertà. Vita fuori. Vita.

A quel momento si sveglia, tutta sudata. Finalmente ha capito tutto. Sì, è lei quel punto insignificante, è lei quell'angolo invisibile, è lei, intrappolata tra le tre persone che la sfruttano. La crudeltà, la debolezza e l’innocenza. Ma dietro l'angolo c'è il cielo infinito, c'è la libertà, c'è la vita.

Non ha un piano preciso, unica cosa che sa è che non può rimanere più, non può aspettare più, neanche un giorno di più, neanche un secondo di più, altrimenti si perde totalmente e definitivamente come quell'altra donna che aspettava il figlio. Deve scappare immediatamente. A quel punto prende i suoi vestiti, qualche oggetto personale, quel poco che ha, in silenzio, e mette tutto nella borsa. Alcune donne si svegliano, la guardano, ma lei mette il dito davanti la bocca e fa capire che devono rimanere in silenzio anche loro.

Davanti a suo marito che sta dormendo esita qualche secondo. Cosa deve fare? Salutarlo? Svegliarlo e dirgli in faccia che un uomo che vende sua moglie non è neanche un uomo? O dovrebbe perdonarlo? Perché lui è solo una vittima, un uomo debole? In fondo, l'ha amato. Una volta, qualche tempo fa. In fondo, è il padre di suo figlio... Constantin... su, veloce!... deve decidere, deve scappare prima dell’alba, sennò sarà tardi.

Prende un fazzoletto, una penna, e scrive velocemente:

"Non ce l'ho fatta più... buona fortuna... Elena"

Scappa. L'ultimo sguardo lancia verso l'angolo. Esce. Il primo sguardo lancia verso al cielo: stelle!

Succede quel che succede, questo momento indimenticabile, questa sensazione di libertà nessuno le potrà mai togliere. Fa un respiro profondo, sente l'odore del mondo intero come mai prima, e anche se deve affrontare mille pericoli è felice.            

 

Di mattina tre persone mancano dalla stanza. La donna incinta, suo figlio nella pancia, ed Elena.